lunedì 24 febbraio 2014

Recensione: Ragazze di campagna - Edna O'Brien

Titolo: Ragazze di campagna 
Autore: Edna O’Brien
Prezzo: 17,50 €
Pagine: 256, brossura 
Editore: Elliot (collana Scatti). 
Nuova edizione 2013

Trama
La timida e romantica Caithleen sogna l'amore, mentre la sua amica Baba, sfrontata e disinibita, è ansiosa di vivere liberamente ogni esperienza che la vita può regalare a una giovane donna. Quando l'orizzonte del loro piccolo villaggio, nella cattolicissima campagna irlandese, si fa troppo angusto, decidono di lasciare il collegio di suore in cui vivono per scappare nella grande città, in cerca d'amore ed emozioni. Nonostante siano fermamente decise a sfidare insieme il mondo, le loro vite prenderanno però vie del tutto inaspettate e ciascuna dovrà imparare a scegliere da sola il proprio destino.

Autore
Edna O’Brien, romanziera, drammaturga e poetessa irlandese, è nata a Tuamgraney nel 1930 in una famiglia dalle forti radici cattoliche e, come le protagoniste del suo romanzo d’esordio, ha compiuto i suoi studi presso le suore. Lasciò l’Irlanda negli anni Cinquanta per trasferirsi a Londra, dove vive ancora oggi. Considerata la Gran Dama della letteratura irlandese, nella sua lunga carriera ha ottenuto i maggiori premi letterari, a partire dal Kingsley Amis Award per Ragazze di campagna, primo capitolo di una trilogia che comprende La ragazza sola (Rizzoli, 1963) e Ragazze nella felicità coniugale (E/O, 1990). È membro onorario dell’American Academy of Arts and Letters.

Recensione
Correva l’anno 1960. La giovanissima Edna dà alle stampe il suo primo romanzo, in cui racconta una storia di stampo autobiografico che descrive con grande maestria le campagne irlandesi degli anni cinquanta con i suoi tranquilli abitanti, gli animali da cortile che ti ruzzolano intorno, le lunghe passeggiate tra i campi, i piccoli negozietti del paese. Ma la bravura della O’Brian viene messa in ombra (o forse a posteriori, in luce) dalle reazioni che la cattolica Irlanda ha nello scoprire quanto sia approfondita (e soprattutto esplicita) la descrizione del tumulto giovanile che contraddistingue l’ingresso nell’età adulta di questa ragazza, e quello di chissà quante altre come lei.
Quella di Edna O’Brian è una delle prime voci a guidare i suoi contemporanei tra le censure imposte ai desideri di una semplice ragazza irlandese. Senza tanti fronzoli, mette a nudo ogni aspetto della sua vita: le angosce dell’adolescenza, il richiamo ipnotico della vita di città, il rapporto con l’amore e con la sessualità. È facile intuire quali sono tra quelli elencati, i temi che la società dell’epoca non era ancora pronta a veder sbandierare ai quattro venti: per questo motivo il libro venne bandito e bruciato sul sagrato delle chiese. Probabilmente, in questo caso più che in altri, è impossibile scindere il valore letterario di un romanzo dall’epoca di cui è figlio. Oggi, accennare o parlare esplicitamente di sesso in un libro, non scandalizza più nessuno: ma nonostante questo, la narrazione della O’Brien rimane da apprezzare per l’incredibile padronanza nella descrizione che questa autrice dimostrò appena ventenne e, ovviamente, per i suoi contenuti.
La O’Brien riesce con maestria a farci sentire sulla pelle la fredda aria delle campagna irlandesi, ci fa sentire i pianti sommessi delle educande tra le fredde lenzuola di un convento, tratteggia con poche parole l’attrattiva e i fasti di Dublino, che all’epoca era ancora una piccola città, ma già in grado di calamitare le attenzioni e i desideri di queste ragazze. Riesce a delineare con semplicità e poche parole, personalità complesse ed emblematiche tra cui spiccano le due protagoniste, Caithleen e la sua amica Baba.
Caithleen: dolce, affabile, timida ed affettuosa. Potrebbe essere anche definita un po’ ingenua. Affezionata ad una madre proiettata perennemente verso le sue preoccupazioni, tra le quali hanno un ruolo predominante la tenuta da amministrare e il marito alcolista e violento. Caithleen è una giovane donna di un’epoca in cui a quattordici anni si era già tali, proiettata verso un idea di amore romantico e travagliato, dove il solo sfiorarsi crea sconvolgimenti emotivi incredibili.
Baba: tralasciando tutti i possibili modi più eleganti per definire questa ragazza, credo che l’aggettivo più spontaneo e sincero che le si possa attribuire è antipatica. Baba è schietta, maliziosa, insofferente verso la vita noiosa di campagna, figlia di una donna bellissima che vede appassire i suoi giorni seduta allo sgabello di uno squallido bar, per provare almeno il piacere di farsi ammirare. Baba è spigliata e rancorosa, egoista quanto basta ma, a modo suo, anche fragile. È incredibilmente acuta, tanto da capire (forse prima dell’amica) come vanno le cose nel mondo e soprattutto, che non bisogna farsi troppe illusioni.
Entrambe anelano in modo diverso la libertà, non solo quella fisica, che le separerà dalla bellissima quanto asfissiante campagna, ma anche la libertà di godersi la vita, di passeggiare libere in città sfoggiando ogni tanto un accessorio nuovo, di andare a ballare la sera, di innamorarsi. Atteggiamenti che un mondo bigotto, attento alle apparenze più che alla sostanza, non esita ad additare come scandalosi e riprovevoli.
Ragazze di campagna è il primo volume della trilogia che esplora la crescita di Baba e Caithleen:  pur essendo consci in partenza di questa sua caratteristica, non si riesce a dimenticare il modo davvero brusco con cui si interrompe la narrazione. La vicenda rimane senza una vera conclusione, neppure una parziale, lasciando il destino delle protagoniste avvolto nel dubbio e il lettore nella frustrazione.
Quando mi trovo ad esprimere un giudizio personale su quello che è considerato un classico della letteratura (e in questo caso, addirittura una pietra miliare per quella di un intero paese) mi trovo sempre in difficoltà, e la difficoltà raddoppia se eventualmente mi si chiede se è un romanzo da consigliare oppure no: inevitabilmente, Ragazze di campagna non può avere oggi l’effetto shock che ebbe all’epoca della sua prima edizione, dovendo affrontare un pubblico di lettori incredibilmente diverso. Questo è, effettivamente, ovvio: ogni romanzo ambientato e fortemente legato all’epoca della sua stesura, si trova di fronte un pubblico diverso, ma non per questo il romanzo e il suo autore smettono di lanciare messaggi alle nuove generazioni di lettori. In questo caso, però, forse a causa proprio dell’inaspettata mancanza di una conclusione, ci penserei probabilmente due volte prima di consigliarlo spassionatamente a qualcuno che non è amante della letteratura che, forse superficialmente, definisco di solito "alla Jane Austen". Sia chiaro: io la amo e la venero ogni volta che posso, ma mi rendo conto che non tutti la pensano allo stesso modo. Ragazze di campagna è il poetico, dolce, un po’ malinconico e molto intimo resoconto di alcuni anni della giovinezza di due donne: non ci sono colpi di scena, ma soltanto una rapida carrellata di avvenimenti e sentimenti, che hanno come sfondo l’affascinante campagna irlandese e i salotti dublinesi di metà novecento. 

Voto:





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