venerdì 10 maggio 2013

Gruppo di Lettura su Il Grande Gatsby - Discussione sui capitoli 1-3


Bene, compagni di lettura, è giunto finalmente il momento di intavolare la discussione sui primi tre capitoli de Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, che, già con le prime pagine, non ha mancato di farsi sbattere contro la testa del sottoscritto, mentre mi chiedevo come abbia fatto a ignorarlo per così tanto tempo. Fortuna ha voluto che si tratti di un volume dalle modeste dimensioni, ma dai contenuti vastissimi
Fitzgerald è probabilmente, insieme ad Hemingway, l'autore più conosciuto della Generazione Perduta, ovvero quel gruppo di scrittori americani che raggiunsero la maggiore età durante la Prima Guerra Mondiale e che espatriarono in Francia in seguito ad essa. Fitzgerald stesso la renderà prima, nel 1921, meta di un lungo viaggio nel Vecchio Continente e vi tornerà poi in occasione di un trasferimento di ben cinque anni in Europa con la speranza di ridurre le spese. 
Proprio durante questi anni vedrà la luce Il grande Gatsby, pubblicato a Parigi il 10 Aprile del 1925 e sul quale vi riversa tutta la sua esperienza da giovane cittadino americano che ha potuto tastare con mano la rivoluzione politica, economica e sociale a cui il primo conflitto mondiale aveva portato, creando quello che è tutt'ora considerato il ritratto più riuscito dei ruggenti anni 20' newyorkesi e, in generale, di un America sulle note di un jazz ricco di promesse, sogni  e speranze, che verranno violentemente spazzate vie dall'uragano della Grande Depressione.

  • Nick Carrawey

[...] dopo tutto la vita si osserva con maggior vantaggio da una finestra sola. 

Necessari per l'impostazione del background sono proprio i primi tre capitoli. Ci viene presentata sin da subito la collocazione della storia, ovvero Long Island, la prosperosa isola dello Stato di New York, divisa da Fitzgerald nelle due zone di Est Egg e West Egg. Proprio su quest'ultima abita Nick Carrawey, il narratore della storia, un uomo nella media,  borsista modesto, un tipo comune, a suo stesso dire "il più limitato degli specialisti, versato un po' in tutto". Proprio quest'uomo capace di accontentarsi di poco diviene il testimone prescelto, il piccolo osservatorio grazie al quale il lettore viene introdotto alla storia del misterioso vicino di casa Jay Gatsby  e messo dinanzi al suo mondo gaudente di feste, alcool, jazz e tanti soldi. 
La stessa casa di Nick  rispecchia la condizione del suo proprietario  in quanto si trova al centro di quella sorta di climax figurativo che vede, poco più a Ovest, la lussureggiante e maestosa villa di Jay Gatsby, dove si organizzano grandi feste sontuose e frequentatissime, mentre, sulle sponde di Est Egg, la pur sempre ricca ma raffinata dimora di Tom Buchanan e di sua moglie Daisy. Nick si trova al centro di due differenti culture di ricchezza e, per questo motivo, affetto da quel connaturato disagio tipico di chi è diviso tra due mondi e non appartiene completamente a nessuno dei due.  Allo stesso tempo però questa sua posizione ai confini di due classi sociali gli permette di osservare e analizzare con occhio critico chi gli sta attorno, ed è qui che mi sorge un dubbio: le prime righe del romanzo vedono Nick affermare di avere la tendenza a evitare ogni giudizio sulle persone. Non è un'affermazione abbastanza ambigua per un uomo che, due capitoli dopo, si attribuisce la virtù cardinale dell'onestà, cosa su cui questo possiamo che essere d'accordo vista la schiettezza che dimostra frequentemente? Si intravede comunque alla fine del terzo capitolo un inizio evolutivo del personaggio: la sua cotta per Jordan mi fa prevedere, infatti, un suo maggior coinvolgimento nel mondo dei ricchi, e, di conseguenza, un possibile mutamento (o decadimento?) dei valori fin qui dichiarati. 
Staremo a vedere. 

  • Tom Buchanan e Myrtle Wilson

Adesso era un uomo sui trent’anni, biondo-paglia, massiccio, dalla bocca dura e dai modi altezzosi. Due occhi lucidi e arroganti gli avevano stampato in viso la capacità di dominio e gli davano l’aria di sporgersi continuamente in avanti con fare aggressivo. Neanche l’eleganza effeminata di quegli abiti da cavallerizzo riusciva a celare la forza enorme di quel corpo (…). Era un corpo poderoso dalla forza enorme: un corpo crudele.

Con questa descrizione ci viene presentato Tom, ovvero, come ho accennato prima, il personaggio-nemesi di Gatsby. Lui non è uno dei nuovi ricchi figli della Prima Guerra Mondiale, lui fa parte dei vecchi aristocratici, i soldi e il potere gli scorrono nelle vene per via famigliare. Se spesso Gatsby è paragonato, anche solo per grazia e aspetto fisico, ad un gatto, Tom ha invece tutte le fattezze di un cane dalle movenze minacciose, aggressive. La sua stessa voce tradisce superbia e arroganza, nessuno deve contraddirlo - specialmente se questo qualcuno proviene da una classe sociale inferiore - e, soprattutto, è determinato a mantenere la sua supremazia, basti notare l'agghiacciante discorso sulla superiorità della razza nordica e sulla paura che le nuove razze possano sommergerla (si noti la metafora razza nordica=vecchia aristocrazia nuove razze=nuovi ricchi). Ma, d'altro canto, va detto che è pur sempre amico di Nick e che lui stesso è infastidito dall'aggettivo che gli affibbia la moglie, "mastodontico", il che fa presupporre che non sia una persona cattiva per natura, semplicemente vuole mantenere il totale controllo su ciò che è suo.  
Tom è un personaggio borghese, fisico, attaccato ai beni materiali, che gli sono utili proprio per ostentare la sua superiorità e potenza, che vediamo sia dagli eccentrici  acquisti che fa, dal modo in cui spende facilmente e vistosamente il proprio denaro, sia dalla sua relazione con Daisy, che per lui è solo un bellissimo oggetto necessario al completamento della sua figura di uomo potente, facoltoso e capace di avere qualunque cosa desideri. Compresa Myrtle Wilson, la sua amante, sposata con un meccanico della povera e squallida Valle delle Ceneri (l'odierno quartiere Queens). Dall'unica scena durante il quale Myrtle appare in questi tre capitoli iniziali, mi sembra di poter affermare che Tom ama Myrtle quanto Daisy, anzi, probabilmente anche meno. Lui ritiene che la moglie sia troppo stupida per venire a sapere della sua amante e non fa assolutamente nulla per nascondere la cosa agli occhi della società, anzi, come per Daisy, ho il sospetto che l'unico motivo di questa relazione sia non solo l'autocompiacimento di Tom per la consapevolezza del poter avere tutto, ma sopratutto il voler mostrare questo potere a chiunque: e qual è il maggior segno di grandezza per un uomo? Un bella amante. Fortunatamente Myrtle è una donna talmente frivola, corrotta dal denaro e tanto stupida da accettare senza ombra di dubbio la menzogna che Tom adduce per giustificare la sua impossibilità di divorziare, ovvero l'orientamento cattolico della moglie. D'altro canto non vi è vero amore neanche da parte di Myrtle. Lei è affascinata da ciò che Tom le può offrire, non da Tom come persona. Vuole avanzare nella scala sociale, quando è con lui assume atteggiamenti aristocratici (sale solo sul tassì color lavanda e dai cuscini grigi, organizza party pur mancando totalmente dell'abilità di Gatsby nel fare da ospite, ostenta grandi facoltà economiche anche tramite un semplice vestito), tratta con disprezzo gli appartenenti alla sua reale classe sociale, anzi, parla di quest'ultima come se non vi facesse parte ("L'ho detto al ragazzo di portare del ghiaccio" e "Che gente! Bisogna starci sempre dietro.").


  • Daisy Fay e Jordan Baker
Mi rivolsi di nuovo a mia cugina, che incominciò a farmi domande con quella  sua voce bassa e conturbante. Era il tipo di voce che l’orecchio segue in tutte le  modulazioni come se ogni parola fosse un raggruppamento di note che non verrà  mai più ripetuto. Il suo viso era triste e bello, pieno di cose splendenti: occhi  splendenti e una splendente bocca piena di ardore; la voce aveva una vitalità che gli uomini che l’avevano amata trovavano difficile dimenticare: era un invito modulato, un «ascoltami» bisbigliato, che prometteva per l’ora seguente cose gaie e interessanti come quelle vissute un minuto prima.

Daisy è la bellezza. Una bellezza luminosa, disarmante e capace di ammaliare qualsiasi uomo e non è un mistero l'ossessione di Gatbsy nei cuoi confronti, ma, dovendo trattare per ora solo i primi tre capitoli del romanzo, rimandiamo la discussione sulla sua relazione con il ricco festaiolo ai prossimi interventi. 
Per ora Daisy è apparsa una sola volta, ma poche pagine e le emozionate descrizioni di Fitzgerlad bastano a dare l'idea del suo splendore fisico. 
All'apparenza sembra che lei abbia avuto dalla vita il suo felice happy ending, eppure dietro il suo aspetto un po' svampito e i suoi discorsi alquanto frivoli, si nasconde una personalità sofferente e consapevole del tramidemto del marito, una donna che dice di essere diventata cinica e augura a sua figlia la stupidita perchè "è la miglior cosa che una donna possa essere a questo mondo, una bella piccola stupida". Mi domando se questa ragazza troverà mai la forza d'animo per ribellarsi a Tom o se le sue rimarranno solo parole vuote uscite dalla bocca di una bambolina bionda.
Jordan Baker, amica intima di Daisy, è invece una campionessa di golf, donna sexy, ammirata e nota negli ambienti mondani. Sopratutto, però, Jordan è una donna forte, egocentrica, libera e disonesta. Lei è totalmente distante dall'immagine femminile antecedente alla Prima Guerra Mondiale (le donne di Jane Austen, per intenderci), non pensa al matrimonio, non è schiava di nessuno ed è pronta per sopravvivere al ventesimo secolo. Lei è la nuova donna che porterà al movimento di emancipazione femminile. 
Sarà proprio questo personaggio a coinvolgere Nick nell'alta società, e proprio il terzo capitolo si conclude con il nostro narratore che ammette di provare qualcosa nei suoi confronti, pur riconoscendo in lei quella suddetta pericolosa disonesta e facendone il seguente riuscitissimo ritratto:

Jordan Baker evitava per istinto gli uomini intelligenti e scaltri, e ora capivo che ciò avveniva perché si sentiva più al sicuro in un ambiente in cui venisse considerata impossibile qualsiasi infrazione alle buone regole. Era incurabilmente disonesta. Non riusciva a tollerare di trovarsi in posizioni di svantaggio, e data questa insofferenza immagino che abbia incominciato già da giovanissima a usare sotterfugi per poter rivolgere al mondo quel freddo sorriso insolente e insieme soddisfare le esigenze di un corpo resistente e vivace.


  • Jay Gatsby

No: Gatsby alla fine si rivelò a posto; fu ciò che lo minava, la polvere sozza che fluttuava nella scia dei suoi sogni a stroncare momentaneamente il mio interesse nei dolori passeggeri e nei fuggevoli orgogli degli uomini.


E ora arriviamo finalmente a Jay Gatsby, il grande protagonista che fa da nodo centrale della vicenda, quello a cui tutti i personaggi sopraelencati convergono, senza però riuscirne a superare il fascino, l'aura di mistero che lo avvolge e che in questi tre capitoli cresce pagina dopo pagina. Ne sentiamo parlare per la prima volta da Jordan a casa dei Buchanan, poi Nick lo vede guardare le stelle in una scena intrisa di dolce malinconia, in seguito ci vengono raccontati i pettegolezzi che girano sul conto di quest'uomo tra gli invitati alla sua festa, c'è chi lo descrive come un assassino, chi come un eroe e, infine, quando ce lo troviamo finalmente davanti, diventa difficile discernere le sue qualità, capire che genere di uomo sia, superare l'enigma che lo avvolge. Alla fine del capitolo sappiamo poche cose di lui: ha combattuto durante la guerra, è molto ricco e organizza feste indimenticabili con un numero vertiginoso di invitati. Sappiamo anche che è coinvolto nel commercio illegale di alcool: questi sono gli anni del proibizionismo, la vendita di bevande alcoliche è stata bandita, eppure le sue feste straripano di tale nettare, anzi, è proprio questo uno degli elementi che le rende indimenticabili.
Ma quale bisogno lo spinge a riempire la sua casa di gente? Probabilmente una mancanza, un vuoto, un'assenza che ha bisogno di essere colmata.



Ora tocca a voi instaurare la discussione. 
Quale parere vi siete fatti su questi personaggi? Sentitevi liberi di arricchire, chiarire o stroncare qualche punto della mia analisi. Fate domande, se ne avete, o proponete ulteriori spunti di lettura che sicuramente mi saranno sfuggiti. 
Oh, e ricordate che vi aspettiamo il 22 Maggio per la discussione sui capitoli 4-6!


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31 commenti:

  1. "Ma quale bisogno lo spinge a riempire la sua casa di gente? Probabilmente una mancanza, un vuoto, un'assenza che ha bisogno di essere colmata." Questo è un commento e una supposizione sublime per il personaggio di Gatsby, complimenti!

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    1. Wow che scoperta, io pensavo si riempisse casa di gente per fare un dispetto alla donna delle pulizie.

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  2. Ottimo incipit - provo a dare delle coordinate soggettive per continuare ed ampliare il discorso.
    Ad esempio partendo dalla figura del narratore interno, il personaggio di Nick Carraway.

    Nell'incipit del libro il narratore pone in primo piano gli insegnamenti paterni, assurgendoli a monito fondamentale della sua percezione del mondo e del rapporto che con questo mondo egli intrattiene. Questa forma di conoscenza si riflette sul valore morale che egli conferisce alla solitudine, e pone in seno delle domande sul grado di autonomia e di esattezza che una conoscenza X genera nei moti di ogni essere umano.
    Questo ci porta a chiederci:
    1. La conoscenza profonda del mondo ci viene sempre fornita dagli insegnamenti esterni e/o genitoriali?
    2. Se e come possiamo apprendere da noi stessi?
    3. Che cosa questa conoscenza può rappresentare nella vita concreta? Ha essa risvolti positivi e/o negativi?
    4. E' davvero possibile sospendere il giudizio? O è necessario esclusivamente aggiustarlo?

    Nick Carraway, come narratore interno, segue le mosse del Grande Gatsby ed il suo comportamento sin dalle prime battute; tuttavia, Nick è assimilabile ad un secondo protagonista, che ben poco ha del relatore imparziale. Nick è un individuo contraddittorio, ossimorico, così come parallelo e contrastante risulta lo stile ricco e scorrevole della prosa di Fitzgerald.

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    1. Ciao! Innanzitutto grazie per il commento, le tue argomentazioni sono molto più profonde delle mie e mi piacciono tantissimo, complimenti. Purtroppo oggi è stata una giornataccia quindi provo a rispondere almeno a questa prima parte, riservandomi il resto per domani.
      Per quanto mi riguarda, sì, la conoscenza non è innata e viene sempre "tirata fuori" da qualcosa di esterno. Le figure genitoriali hanno un notevole peso su questa fino ad un certo punto della vita, ma la conoscenza del mondo non è mai definitiva ed è sempre soggetta a mutamenti, anzi, credo che più si proceda con l'età più gli insegnamenti dei propri genitori si fanno fragili e soggetti ad altre influenze che possono modificarli leggermente o sradicarli totalmente.
      Non credo si possa parlare di "apprendere da noi stessi". Hai presente il famoso detto "Sbagliando si impara" ? Ecco, anche quando sbagliamo e impariamo dai nostri errori, non stiamo davvero imparando da noi stessi, ma da un contraccolpo esterno.
      Per quanto riguarda la sospensione del giudizio, non credo possa esserci anche quella e, come ho detto, non credo ci sia neanche per Nick. Lui stesso sbaglia nel dare il primo giudizio su Gatsby e lo corregge, come hai detto tu, quando lo incontra per la prima volta.
      Allora perchè dire di attenersi ai consigli del padre? Me lo sto ancora chiedendo, magari riuscirò a darmi una risposta proseguendo con la lettura, per ora posso solo dire che Nick con cui noi possiamo rapportarci realmente, l'unico che possiamo dire di conoscere. Tutti gli altri sono solo illusioni filtrate dalle parole del narratore e forse è questo che li rende così indimenticabili.

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    2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    3. Ciao Leo, grazie a te per la proficua discussione che ci hai dato modo di instaurare, per quanto io ami leggere libri ho sempre avuto poca confidenza con la realtà dei blog, ma sono felice di poter rimediare a questa mancanza, e mi sembra che siate tutti molto preparati, cosa che rende ogni discussione ancora più interessante da approfondire.
      Ti chiedo scusa se rispondo con estremo ritardo, tra le altre, ma è stata una settimana incasinata!
      Per quanto riguarda l'incipit, io l'ho trovato paradossalmente molto meno banale di quanto non volesse esser presentato dalla voce dello stesso Nick. Mi sono voluto soffermare sull'aspetto dell'ereditarietà delle conoscenze che ci vengono dall'esperienza esterna proprio in virtù del fatto che ho trovato che nel romanzo si ponga più di qualche accento sulla fisionomia caratteriale dei personaggi e che questo possa esser visto e/o pensato come un luogo tematico a sé, a dirsi che i personaggi non sono mai caratterialmente privi di mordente, quale che siano le loro sfumature e quale che sia la loro propensione morale, o come questa vada in effetti a modificare, passo dopo passo, le vicende interne al romanzo.
      Per risponderti, io sono dell'idea che quando noi stessi siamo capaci di avere un giudizio, e in questo caso di slegarlo da un nucleo familiare, non di rado accade di rendersi coscienti del fatto che, ad una certa, anche la figura genitoriale, per quanto elemento interno e costitutivo, finisca per assumere un ruolo via via diverso e sempre più slegato da una sostanza che è quella propria del carattere della personalità in età adulta.
      Sono peraltro anche convinto che per quanto tutto quello che impariamo vada sempre e comunque filtrato attraverso stimoli già collaudati ed oggettivi proprio perché applicabili ad una collettività di persone, eventi, situazioni, anche ciò che noi, in prima persona, ci troviamo ad affrontare, richiede non meno una risposta, una capacità di reazione ed un pensiero autonomo, con uno spettro di possibilità sempre diverse, ed è non tanto quella cosa che andiamo a scegliere a livello morale, ma come lo facciamo.
      Uno degli aspetti più belli del personaggio Jay Gatsby non è tanto il grado si sfaccettatura morale con la quale lo vediamo approcciarsi in modo effettivamente unico all'ambiente esterno ed alla risma di personaggi che da lui derivano e che al contatto con la sua persona finiscono per risaltare anch'essi, quanto dalle modalità, irriproducibili, che egli mostra nel suo portamento, nel piglio anche non sempre regale, e non sempre indice di uno status sociale forte e riconoscibile - perché forte e riconoscibile dovrebbe sembrare l'analisi morale che da Gatsby scaturisce -, che egli dimostra. Questo non fa che renderlo una figura a sé stante, ma non meno tremendamente umana.

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  3. E la contraddizione non tarda ad arrivare ed anticipare le conseguenze.
    Carraway si dice esterno ai giudizi, e conforme ad una virtù di dignità conferitagli dalla sua capacità di sospendere il giudizio stesso, su cose e persone. Egli, in questo caso, non lo fa per volontà e per una spinta del bene; Nick rivela nel suo malcelato disprezzo e nella sua dialettica verso l'uomo Jay Gatsby, un'ostilità forte, dalle tinte snob e borghesi - pur non essendo un esponente della ricca borghesia, a livello sociale - ma annoiata, da tutto ciò che vede e da tutto ciò che, almeno fino a questo punto, egli ha la consapevolezza di non poter mai essere, e che lo getta in ombra, che è un'ombra supponente e un po' invidiosa. Anche se a noi non è ancora dato sapere il perché.
    L'uomo versato un po' in tutto è parte di un tutto parte di un niente. In questo cerca l'affermazione egoica del SE', e come risposta a ciò che non gli appare chiaro, sa che guardare alla prospettiva della realtà con gli occhi della propria esperienza è più proficuo che farlo con gli occhi dell'amore. GATSBY ha una propensione per lo stupore nei riguardi dei sentimenti che prova; CARRAWAY si ferma prima ancora di averli conosciuti, ed è sua opinione che la SOLITUDINE corrisponda ad una visione più limpida della vita.

    Nick non affronta le sue occasioni di socialità per riempire il proprio tempo in modo proficuo, ma sembra voler far passare il tempo ed in questo trovare un rimedio alla noia mondana. Non capiamo se gli sia gradita la vita quotidiana, in quali forme e con quali modalità, ma sembra osservare le cose quantomeno per descriverle e saperne dare una connotazione; nelle cose sembra trasportato verso un sollievo distaccato e sonnolento, mai verso una felicità o un guizzo di essa. La comunicazione non presuppone una conoscenza profonda e/o intima: esiste, accade, nasce e muore in un battito d'ali. Questo almeno fino alla chiusa del terzo capitolo, dove la figura di Nick sembra poter volgere verso un ampliamento emotivo, provocato dall'inevitabile scossa emotiva prodotta dallo spirito esuberante di Jordan Baker.
    Nick è scettico, e lo SCETTICISMO permea la sua personalità, pur nella posizione di personaggio che subisce gli eventi, piuttosto che dominarli: egli teme l'autonomia di pensiero, l'auto-sufficienza intellettuale. Non si cura di quella del corpo, esaltata negli elenchi incolore dei particolari delle membra e delle fattezze del massiccio Tom Buchanan; la sua attenzione ed il suo bisogno di classificare i gesti denotano la sua insicurezza e descrivono attraverso la doppia anima di Carraway/Gatsby, un tòpos di importanza rilevante che è quello della difficile comunicabilità dei gesti, e della altrettanto spezzata e discontinua linea emotiva. I gesti sono il catalizzatore di un silenzio fitto ed impercettibile, di incomprensioni e parole dette come sillabe al momento sbagliato, spesso, con un tono sbagliato o nel contesto improprio e fuorviante; i protagonisti sono sovrastati dal peso di queste fragilità, e di questo aspetto dell'essere fragili, il libro sembra essere intriso sin dall'inizio e previdibilmente nel suo farsi complesso.
    Il libro centra i riflettori su Jay Gatsby perché è colui che in questo turbine di eventi mostra più dignità e la più bella natura del reagire anche in modo imbranato, scomposto, ma genuino.

    Mi scuso per l'argomentazione lunghissima e forse anche prolissa, ma mi sembra ci sia tantissimo da dire su questo classico. A voi.

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  4. Banalmente, l'incipit è stato il primo elemento a colpirmi. So che potrà sembrare banale, ma io sono fermamente convinto che le prime parole in un libro debbano catturare l'attenzione del lettore. Per me sono estremamente vitali.

    Un consiglio paterno, una storia di famiglia, ha avuto su di me la presa che mi aspettavo, e così mi sono tuffato nel mondo ambiguo e alternato di Carraway. Pensavo sarebbe stata una storia di ricchi e divertimento, colori e passione. Invece la chiave del tutto mi sembra proprio l'ambivalenza. East Egg e West Egg, le feste strabilianti del misterioso Gatsby e i party intimi blandi e soporiferi del candido Buchanan. Trovo che sia qualcosa di davvero curioso e spero che tutto ciò venga accentuato ancora di più durante il resto del libro; inoltre, penso proprio che sia un elemento che si trasporrebbe davvero bene sul grande schermo, quindi non vedo l'ora di scoprire se Luhrmann abbia tratto vantaggi da questa condizione praticamente palesissima.

    Per quanto riguarda i personaggi, a me piace davvero tanto Nick. Sembra quasi che si definisca 'semplice' e che riesca a far trasparire questo in pubblico, ma non è assolutamente privo di conflitti. A me sembra davvero molto sulla difensiva (forse questo aspetto traspare di più al lettore, avvantaggiato dal poter sentire la storia raccontata da lui. Con il resto del mondo a me sembra anche abbastanza accondiscendente. Appunto, conflitto). Anche io ho notato la contraddizione iniziale riguardante i giudizi e la sua opinione su Gatsby; ora sono davvero curioso di sapere cosa ci sia di così detestabile in Gatsby — proprio perché a me, come personaggio, ora mi attira a non finire, e immagino sia questo l'effetto desiderato.

    La cosa che più ho adorato dell'idea di Gatsby è il fatto che il suo personaggio cambi con l'opinione altrui — ognuno lo dipinge in modo diverso, e ognuno pretende di conoscerne la verità. Questo mistero mi piace e non so se vorrei vederlo risolto o meno. L'idea che la sua storia prenda forma unicamente grazie agli altri e non tramite se stesso mi piace davvero molto.

    Oh, e infine adoro Daisy. Non credo sia un personaggio 'apprezzabile' poiché la sua moralità è evidentemente corrotta da qualcosa — in lei c'è stato un cambiamento drastico che l'ha trasformata in un personaggio che, in altri contesti, potrebbe venir definito negativo. Io credo di essere abituato all'immagine meravigliosa che mi son fatto di lei, immersa tra le tende della propria casa e con la faccia di Carey Mulligan, ma mi rendo conto che non sia una bella persona. Daisy è forse meno apprezzabile di Tom, che per quanto sia, lasciatemelo dire, un cazzone, finora ha dimostrato solamente un istinto palese e inalterato. L'istinto di Daisy invece è ben nascosto — è una donna intelligente ed è questa la sua condanna, ha visto troppo dal mondo e ora vuole chiudere gli occhi. Insomma, è tutto ciò che io detesterei in una persona. Ma a livello puramente meccanico, come personaggio, la adoro. È proprio ben fatta. Aspetto di vedere sviluppi.

    Se c'è qualcosa che secondo voi non ho capito, ditemelo pure. È la mia prima esperienza con un classico post-scuola, e sono ancora un po' terrorizzato, anche se l'idea di leggerlo con voi mi rende meno ansioso :)

    PS: de libro adoro le descrizioni dettagliate e le metafore sempre presenti ma mai di troppo. E mi ha 'divertito' lo scambio di battute a sfondo razzista.

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  5. Il discorso su Nick è già stato ampiamente dibattuto. D'altronde per sua stessa ammissione "era sia dentro sia fuori". Proietta in Gatsby, personaggio in grado di vivere al di fuori delle convenzioni, la sua tensione poetica, in fondo lui è solo un uomo nella media, anche un po' limitato nei giudizi affrettati. Alcuni critici hanno posto l'accento sulla sua ambiguità sessuale (Jordan è descritta come una donna dal comportamento mascolino e dal fisico androgino)come coronamento della sua scissione psicologica. D'altra parte i giudizi che Nick esprime sui Buchanan, paragonandoli ad una società segreta, e il disagio che prova all'interno della loro dimora (ora affascinato dall'incantevole voce di Daisy ora in qualche modo inorridito) sono facilmente comprensibili. Allo stesso modo, afferriamo al volo il motivo del suo favore verso Gatsby (prima giudicato male). Come non rimanere incantati dal suo sorriso?
    Riferendoci al testo, innumerevoli sono i riferimenti metaforici, i simboli, i rimandi extratestuali. Innanzi tutto, la continua riproposizione degli stessi colori: bianco, argento e oro per i Buchanan, giallo, azzurro e verde per Gatsby (oh! la luce verde!). Secondariamente, il contrasto netto, già evidenziato bene dal commento di Marco, tra gli spazi. La valle delle ceneri, West Egg, East Egg, l'appartamento a New York della sorella di Myrtle (il secondo è il capitolo più faticoso da leggere: polvere, ipocrisia, mollezzza, falsità, miseria emotiva avvolgono i personaggi). Ah, e la valle delle ceneri è un chiaro riferimento a Eliot e alla sua " terra desolata".
    Ok, questo commento non è scritto in italiano corretto ma spero di aver dato degli spunti :)
    P.S. Marco, d'accordissimo con te su Daisy ma mi cucio la bocca per il momento!

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  6. http://letterandoconmarty.blogspot.it/2013/05/gruppo-di-lettura-il-grande-gatsby-di.html

    Avete perfettamente ragione quando dite che gli argomenti da approfondire sono veramente troppi. Io inizio dal primo che mi sta a cuore: la visione della donna.

    Nei primi tre capitoli conosciamo tre figure femminili:

    Jordan Baker, che come diceva la cara Ilenia, è la donna-androgina. Una donna sicura di sé, forte, capace di scegliere le persone con cui intrattenere relazioni e allo stesso tempo capacissima di evitare quelle persone scomode, che potrebbero recarle danni o problemi. Per lei la vita è magistra vitae e grazie alle sue esperienze è riuscita ad irrobustire la sua corazza e soprattutto ha capito che nella vita bisogna SCEGLIERE. Dunque, il prototipo della donna forte, detto in maniera più spicciola "una donna con le palle quadrate".

    Daisy...forse è l'esatto opposto. Una donna affascinante, difficilissima da dimenticare. Una donna quasi eterea, che fluttua nella vita come se fosse una nuvola. Sì, una nuvola, che però, quando serve, sa scatenare dei signori temporali, e sa riprendersi e nascondersi dietro una maschera di sole in maniera talmente veloce da sembrare quasi disumana, un automa delle emozioni. E' nevrotica, è insicura, ma sicura delle sue incertezze. Vive una vita impossibile con un uomo che la tradisce apertamente e non fa niente per evadere dalla consuetudine; non fa niente per riprendersi quello che le spetta: la sua dignità. No, preferisce continuare la sua vita con un uomo che non la ama e che appena può si rivolge ad altri orizzonti, l'unica vendetta che riesce a prendersi è il giorno in cui scopre di aver partorito una bambina. Le augura con tutto il cuore di essere un'ochetta, perché le donne devono essere delle oche per non dover essere costrette a soffrire. Daisy si nasconde dietro una maschera ocheggiante, nasconde gli occhi dietro la mano e prosegue la sua vita alla cieca, nella speranza che valga davvero il detto "occhio non vede, cuore non duole".

    Myrtle. Che c'è da dire a proposito di Myrtle? Una donna che ha capito tutto dalla vita (secondo lei). E' sposata con un uomo che considera stupido e vive una seconda vita con un uomo che non fa altro che viziarla e trattarla da gran signora e da gran donna. Invidiabile, forse. Io lo invidio? Decisamente no.
    Quando poi, nell'appartamento di New York, Tom le rompe il naso ho pensato "Le sta proprio bene, così magari scenderà da quel piedistallo"...scenderà? Lo scopriremo presto.

    In tre capitoli Fitzgerald racconta tre storie di donne che sono le storie forse più comuni: c'è la donna che si è fatta da sola; c'è la donna maltrattata che non riesce a migliorare la sua condizione, forse per paura; è c'è la stronza vacca che non si augura nemmeno ai peggiori nemici.
    Secondo me Nick è l'unico che riesce a capirle tutte fino in fondo e secondo me Nick è anche il personaggio maschile più umano fino ad ora. E' l'unico che si interroga su qualche cosa ed è l'unico che riflette su quello che succede nella sua vita.

    Perdonate la forma e la sostanza di ciò che ho scritto....spero di essere stata chiara e magari di aver fornito qualche spunto. Ho adorato questo libro e vi ringrazio ancora per questa bellissima idea :) ciao a tutti e a presto!

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    1. Oh, tra i difetti che Fitzgerald annoverava al grande Gatsby c'è quello di non aver fatto un ritratto completo e ben sviluppato di un personaggio femminile. Infatti le donne da te descritte (eccetto forse Myrtle che ritengo fin troppo volgarmente ostentata) sono ambigue. Per non parlare delle altre "comparse" sfuggenti come la sorella di Myrtle o le invitate in giallo al party di Jay Gatsby.

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    2. Ovviamente intendevo "imputava" non annoverava ma lo sapete che l'ostrogoto è la mia lingua madre! :)

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    3. Secondo me Myrtle non è stronza. Per essere stronzi c'è bisogno di un po' di ingegno, furbizia e sfacciataggine (non so perchè ma mi viene naturale pensare a Victoria Grayson, scusate il paragone inutile da maniaco seriale). In realtà Myrtle è solo una pseudo-arrivista che, a conti fatti, non va da nessuna parte. Lo sbriluccichio dei suoi sogni è talmente forte da annebbiarle il cervello, basti pensare al suo primo incontro con Tom: quale donna si farebbe avvicinare così da uno sconosciuto e, per giunta, su di un treno?
      Anzi, mi viene in mente anche un'altra ipotesi che non ho scritto nell'analisi perchè non ne sono parecchio convinto nemmeno io: e se Myrtle, invece, fosse in cerca d'affetto? Ci ho pensato nel momento dell'acquisto del cane. Lei finge di essere in cerca di un pastore tedesco ma alla fine "si accontenta" di un semplice meticcio, e questo mi porta a pensare che fosse semplicemente in cerca di qualcosa che le tenesse compagnia. Voi cosa ne pensate?

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    4. Pure secondo me non è stronza perchè, a parer mio, è una persona molto sciocca e ignorante (come ho già accennato nel mio commento).
      Per quanto riguarda il cane, per un po' non ho capito dove si volesse andare a parare con questo espediente... Per quanto lei si accontenti del primo cucciolo che le viene proposto, una volta arrivata a casa lo abbandona, quasi a dimenticarsene. Io personalmente l'ho visto come l'ennesimo capriccio senza molto senso, che piuttosto che andarsene senza avere un cagnolino, è tornata a casa con quello che ha trovato.
      In sostanza in tutta la faccenda del cane ci ho visto infinita frivolezza.

      Oppure può essere che la sua ricerca di affetto sia nei riguardi di Tom, e che quindi lei tira fuori ogni singola pretesa solo per avere la prova che lui l'accontenterà come se ci tenesse davvero a lei. Però non sono così convinta nemmeno di quest'ipotesi, anche se lei vorrebbe che lui lasciasse Daisy (e ne è credo in parte gelosa).

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    5. Anche io credo fermamente che la sua non sia mancanza d'affetto. Forse con la parola stronza ho voluto riassumere una vasta gamma di qualità negative che mi hanno portato a provare un "leggero" fastidio nei confronti di questa donna. E' frivola, come dice Giulia; è capricciosa, come ho detto anche io ed è egoista e prepotente.

      Per essere stronzi, secondo me, non c'è bisogno di essere furbi. Basta essere cattivi ed egoisti. La furbizia e l'ingegno aiutano ad essere dei veri, cari e buoni stronzi...o forse anche qualcosa di peggio.

      Che bello poter condividere le idee in queste discussioni. Nella vita vera non mi capita quasi mai :) :) siete fortissimi!!!

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    6. Interessante come il vostro alto concetto di letteratura si risolva addirittura in un dibattito circa le minuziose sfumatura del significato del termine "stronza".

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  7. Io vorrei cominciare il mio commento parlando dell'edizione in mio possesso, perchè siamo librofili e pure quella ha la sua importanza.
    Io ho la nuova versione della Newton Compton, quella da 0,99 centesimi che ha fatto tanto discutere. Sinceramente: posso anche passare sopra ad un'interlinea resa al minimo leggibile per sprecare meno spazio possibile; alla carta poco costosa che fà si che, lasciando il dito appoggiato troppo a lungo sulle parole, faccia sbavare l'inchiostro e lascia un alone grigio… Quello che mi fa storcere maggiormente il naso è rendermi conto della prosa povera con cui è stato tradotto il libro.
    Qui si potrebbe cominciare a dibattere per giorni solo sull'importanza del lavoro di un traduttore, e su quanto la traduzione vada ad incidere sul testo originale, ma così ci perderemmo dal nostro scopo originario.
    Dico solo che non è possibile che una traduzione scelga "mastodontico" ed un'altra "goffo": sono due parole dal significato palesemente diverso; e tradurre la (per me meravigliosa) frase di Daisy in "è la miglior cosa che una donna possa essere a questo mondo, una bella *stupidina*" personalmente non mi piace, suona proprio male.

    vabbè. Passiamo al vero motivo del mio commento: la recensione di questi primi tre capitoli.

    Prima di tutto devo dire che io sto facendo fatica ad entrarci, in questo libro. L'America anni '20 non è decisamente un periodo storico che sento vicino in un qualsivoglia modo, e per quanto possa trovare curioso questo spaccato di vita sociale, lungi da me trovarlo così interessante.

    Nick è sicuramente, come è già stato detto, il personaggio più umano incontrato fin'ora, ma questo a parer mio è dovuto semplicemente al fatto che è il narratore in prima persona, e quindi né conosciamo ogni pensiero, emozione, ambivalenza, paura. I restanti personaggi sono, per il momento, delle conoscenze superficiali, avvolte da un'alone di vago mistero a causa della poca intimità che Nick ha con loro. Per questo momenti come quello in cui Daisy si confida in maniera poco limpida e quelli in cui lui osserva Gatsby da lontano alla festa diventano di vitale importanza per il lettore, che riesce a grattare la superficie di personaggi che non riesce a conoscere.
    Inoltre, personalmente, non riesco ad apprezzare Nick appieno, anche questo probabilmente a causa del punto di vista. Lo trovo passivo (come è già stato detto) nei confronti di ciò che succede a sé stesso ed a ciò che lo circonda, e decisamente poco incisivo come personaggio se lo paragoniamo a tutti gli altri fino ad adesso presentati.

    Rincaro la dose: lo trovo quasi un'ombra grazie alla quale noi possiamo venire a conoscenza di quella che è la storia vera e propria, di cui lui non ne fa parte.
    Su questo punto vorrei soffermarmi maggiormente.
    Il racconto è scritto a Nick a posteriori, e come la fine del terzo capitolo ci fa dedurre, ha appositamente evitato di raccontare della propria vita e della propria quotidianità, proprio per il fatto che esse, al fine della trama, sono totalmente inutili.

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    1. Ho trovato molto interessante il commento di Martina che si sofferma solo sulle figure femminili. Però, personalmente, non sono del tutto d'accordo.

      Parto da Jordan, il personaggio femminile con cui abbiamo più avuto a che fare. È vero che viene vista come una donna con le palle, ma è pure la più disonesta, che evita accuratamente di avvicinarsi a chi (per intelligenza) potrebbe in un qualche modo metterle i bastoni tra le ruote. È un personaggio infido e disonesto e calcolatore, a parer mio, e quello che al momento ho trovato più torbido "a pelle".
      Myrtle è la provincialotta, dalle forme piene, egocentrica e viziata. Per quanto si possa trovare detestabile, la poveretta la trovo solo un'ignorante che cerca di fare la furba, che crede di avere Tom "in suo possesso" finchè lui non le rompe il naso perchè lei pronuncia più volte il nome della moglie; è patetica.
      Daisy sinceramente è il personaggio femminile che per il momento mi è piaciuto di più. È una donna disincantata, totalmente cinica, che è stata bruscamente disillusa dall'utopia di aver trovato il suo Lieto Fine. Questo le dà forza, da un lato, e la rende molto insicura dall'altro.
      Il motivo per cui sta ancora con Tom è difficile da dire. Codardia? La bambina? C'è anche da dire che negli anni '20 non era così comune divorziare, ed una donna da sola non era facile che riuscisse a mantenersi, soprattutto non con un tenore di vita come quello dei Buchanan. Spero che approfondiscano il suo personaggio.

      Gatsby paradossalmente (visto che il libro è intitolato a lui) è presentato tardi, solo al terzo capitolo.
      Dell'alone di mistero se n'è parlato già fin troppo. Ed è lo stesso Gatsby a produrlo: indossando in pubblico sempre una maschera che non lascia trapelare nulla, è lo spettatore esterno delle sue stesse feste; parla e chiacchiera educatamente con i suoi ospiti, ma alla fine non ha nessun rapporto profondo con qualcuno di loro, nessuno dei suoi invitati si avvicina a lui in maniera intima.

      Sono curiosa di vedere come il libro continuerà, perchè ho la sensazione (ed il desiderio) che il ritmo della storia aumenterà, visto la lentezza di questi capitoli introduttivi che hanno già preso un terzo di libro.


      P.S. : la whovian che è in me non può non gongolare per il fatto che Daisy sia interpretata dall'attrice che ha fatto Sally Sparrow *-*

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    2. Concordo con te su Jordan! Per quanto riguarda la traduzione, posso linkarti un articolo che ho scritto? parla di traduzioni a confronto di Gatsby, ti assicuro, lo troverai interessante (secondo le osservazioni che hai fatto): http://www.youbookers.it/index.php/editoriale/19-editoriali/726-ilenia

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    3. Grazie della soffiata Ilenia. Ho letto l'articolo ed è davvero molto interessante.
      Purtroppo non avendo una grandissima conoscenza dei classici non mi sono mai dovuta confrontare troppo con traduzioni palesemente scadenti; di solito i classici li compro o in edizione oscar classici mondadori (quella con la costa nera) o le adorabili edizioni della BUR (le trovo "adorabili" perchè hanno sempre un bellissimo prezzo contenuto).. L'unica volta che avevo avuto questo problema era stato con "The Dubliners" di un'edizione che nemmeno ricordo, ed ho ovviato comprandolo in originale.
      Gatsby me lo sono ritrovata in casa così, lo avevano regalato a mia madre, quindi mi sa che lo leggerò fino in fondo così.

      Sarebbe interessante aprire un dibattito su quale sia la casa editrice che propone le traduzioni (quanto meno dei classici) migliori, anche solo per parere soggettivo :)

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    4. Secondo voi gli attori che hanno scelto per interpretare questi personaggi sono adatti?? Più guardo le foto del film e più mi sembrano azzeccatissimi.
      Voi cosa ne pensate?

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    5. "...ci perderemmo dal nostro scopo originario."
      E proprio tu parli di prosa povera?

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  8. Ho una visione diversa rispetto a Leo e a Martina. Per me Jordan "non è la donna con le palle quadrate" ma è proprio una furbetta volubile e disonesta, in questo secondo me, vicina a Daisy. Cioè non è forte. Una persona che imbroglia per vincere non è forte. Almeno, credo. Non sono d'accordo con il definirla donna indipendente. Per me è ipocrita come i Buchanan. (ritorno a leggere gli altri commenti).
    P.S. Sta venendo fuori proprio una bella discussione!

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    1. Non ho mai partecipato ad un gruppo di lettura... ma mi sta piacendo molto! :) Hai ragione quando dici che sta venendo fuori una bella discussione.

      Ho riletto le pagine in cui viene descritta Jordan, dal momento che sono l'unica, o quasi, che la considera una donna forte. Effettivamente il tuo punto di vista è giusto, soprattutto quando dici che una persona furbetta, volubile e disonesta. Però ci vuole forza per imbrogliare e per essere tutto questo. Purtroppo è difficile giudicare una persona senza conoscerla. Noi abbiamo di fronte qualche spezzone della sua vita e sicuramente Jordan è arrivista e calcolatrice, ma una persona senza carattere non so se riuscirebbe a comportarsi come si comporta lei. Che poi quello che fa sia SBAGLIATO è verissimo, sono la prima a dirlo. Però se non fosse forte non sarebbe nemmeno in grado di essere ipocrita.

      Non voglio farti cambiare idea eh!!! Non mi permetterei mai. Però, come ho scritto sopra, sono 22 anni che leggo e che non ho nessuno con cui condividere attivamente i miei pensieri. Per condividere le mie idee mi servo del mio blog e da poco ho iniziato a partecipare a youtube. Se ti rispondo è un po' per spiegarti il mio punto di vista e un po' perché questa idea del gruppo di lettura mi sta appassionando molto!
      Ti seguo su youtube e mi piace come sei :)
      A presto

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    2. Grazie mille, cara <3 Anche io sono molto contenta del confronto e della discussione!

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    3. Sono d'accordo con Ilenia: Jordan vuole apparire forte e cazzuta, ma è debole esattamente come Daisy. Alla fine tutti i personaggi femminili in questione hanno un particolare dettaglio del loro carattere che le rende deboli e vulnerabili, però bisogna anche tenere conto del fatto che gli anni '20 non sono i giorni nostri...

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    4. Ma sì, facciamo una discussione sulle "palle quadrate di Jordan", giusto così, per sentirci un po' più sagaci e profondi!

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  9. ciao siccome la mia tesina di maturità sarà incentrata su il personaggio di gatsby e vorrei fare un paragone con andrea sperelli de piacere di d'annunzio non è che avreste qualche consiglio da darmi?

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  10. Vi garantisco che il fatto che "EGLI è totalmente distante dall'immagine femminile" non stupisce nemmeno la metà del fatto che quello stesso egli in realtà sia una donna! Direi che la vostra pomposità è inversamente proporzionale alla vostra conoscenza dei pronomi personali.

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    1. Ciao! Ho scritto io l'articolo e l'errore è mio. Ho corretto, comunque.
      Per il resto, questa è solo una discussione che abbiamo cercato di instaurare mesi fa, non mi sembra che qualcuno di noi sia stato maleducato o "pomposo".
      Non ti piace la discussione? Bè, nessuno ha richiesto la tua presenza.

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