giovedì 20 marzo 2014

Recensione: Hope - Cailing Og

Titolo: Hope
Autrice: Cailin Og
Prezzo: 14.00€
Pagine: 534, rilegato
Editore: Salani

Trama: Una volta, tanto tempo fa, gli dèi dichiararono guerra al mondo, e il mondo cambiò. Le città scomparvero, costellando dei propri resti una natura ostile. Gli dèi si dimenticarono della Terra e gli esseri umani presero a vivere di ricordi. Fino a oggi. Hope ha tredici anni, occhi verdi e capelli rossi. Non conosce i suoi genitori né il suo passato. Però possiede un dono pericoloso: sa creare il fuoco con un puro atto di volontà. Basta poco perché sia bollata come strega; ma qualcuno dice che lei è in realtà una Prescelta, l'Erede di Prometeo, l'unica in grado di opporsi agli dèi quando torneranno per riprendersi la Terra. E quella che sembra una favola per bambini, un giorno diventa orribilmente vera: gli Immortali sono pronti a scatenare un'orda mostruosa per invadere il mondo. In un viaggio allo stesso tempo epico e folle, dove immaginazione e realtà superano ogni limite, Hope scoprirà se stessa e il proprio destino, affrontando nemici da incubo con spavalda innocenza e trovando amici insperati proprio quando ha perso ogni cosa. In un mondo che, all'improvviso, si aspetta tutto da lei, Hope diventerà il simbolo di un'umanità che si risveglia, che accetta i mostri dentro di sé e ne usa la forza per forgiare desideri, verità e futuro. Un romanzo che è un sogno a occhi aperti. Come la speranza.

Recensione:
Il sottotitolo è molto promettente: La sola speranza di sopravvivere è sconfiggere gli dei
Si preannuncia una lotta epica, tra esseri umani e dei, e la fantasia corre a immaginare i molteplici modi in cui si svolgerà questa battaglia colossale. La storia della letteratura mondiale, dagli albori dell’antichità, è percorsa da rievocazioni di questo genere, emergendo nei racconti mitologici di tradizioni culturali anche diverse tra di loro. E’ quello che ha fatto anche Cailin Og in questo romanzo, in cui ha mescolato miti greci, nordici facendoli attraversare da fili di steampunk, fantascienza e tecnologia moderna. In alcuni casi mi è persino sembrato di scorgere, nell’ambientazione desolata post-conflitto, una serie di richiami ai paesaggi deprimenti di Ken Il Guerriero.  
La vicenda si apre su un mondo sopravvissuto a stento alle lunghe Guerre Buie degli uomini. I pochi superstiti si sono organizzati in comunità strette che cercano di sopravvivere al meglio in una natura inquinata, ferita a morte dagli scontri all’ultimo sangue. In una di queste comunità conosciamo Hope, un’orfana di tredici anni, occhi verdi spesso incupiti, vividi capelli rossi e un carattere spigoloso. Non sa nulla di se stessa, della propria provenienza o dei suoi genitori, e fatica a integrarsi con gli altri ragazzi della comunità. In tasca è sempre accompagnata da due strane pietre, una rossa e una blu, con cui gioca come fossero dadi,  e da un dono scomodo e potentissimo: la capacità di creare il fuoco. In seguito ad un equivoco che inasprisce gli animi contro di lei, accusandola di stregoneria, Hope si vede costretta a fuggire dalla comunità, per iniziare a prendere coscienza della propria identità di Eletta: una responsabilità molto pesante sulle sue spalle giovani, che deve essere gestita al meglio per impedire che il mondo intero venga distrutto. Mentre Hope è alle prese con una nuova vita dura, gli dei si stanno preparando a muovere guerra agli uomini, mettendo in campo le loro forze infinite, le loro creature spaventose, e tutti gli stratagemmi, non sempre leali.  Piano piano si delineano gli schieramenti: da una parte gli dei e il loro terribile potere, e dall’altra Hope, l’Eletta Creatrice del Fuoco, discendente di Prometeo, il primo antagonista degli dei, e una serie di esseri umani, come Sebastian, il Cercatore e Lyara, la Guerriera Perfetta, che l’accompagneranno e proteggeranno in un lungo viaggio accidentato tra città perdute, subacquee e gallerie opprimenti, fino allo scontro finale. 
A prima vista, ci sono tutti gli ingredienti per una storia epica, di grande respiro e di grande forza. Tuttavia, nello svolgimento, qualcosa sembra essersi inceppato e anche perso. Alcuni personaggi, tra cui la stessa Hope, sembrano squadrati e compressi nel loro ruolo, al punto che un’evoluzione psicologica non sembra possibile: rischiano di rimanere intrappolati nelle loro stesse caratteristiche, senza mostrare cedimenti o cambiamenti profondi. Le vicende personali dell’Eletta, il rapporto che si instaura con i suoi due compagni di viaggio, non sembra produrre cambiamenti veramente sentiti in lei. Qualcosa di forzato aleggia nel carattere di Hope, che la costringe a rimanere nei tratti superficiali del suo personaggio, una caratteristica che si nota anche in altri, come l’irascibile Dio della Guerra, Vorak, compresso e schiacciato da una perpetua emozione rabbiosa, che lo fa diventare una caricatura arcigna; Nyme, elusivo Signore degli Inganni dall’aspetto adolescenziale, modellato sul Loki norreno (e forse cinematografico, nel pallore sprezzante di Tom Hiddleston), e anche Prometeo, il dio del Fuoco che difende gli esseri umani con abnegazione e scarsa attenzione per se stesso. Le vicende fisiche si svolgono in tanti ambienti, troppi da ricordare, e un po’ difficili da collegare insieme, almeno ad una prima lettura. Anche ne Il Signore degli Anelli sono numerosi città e paesi, colline, passi montani, catene montuose, ma un filo conduttore le stringe in una mappa geografica più abile, più facile da tenere a mente. Sono interessanti i richiami alle tradizioni mitologiche e di letteratura fantastica di matrici diverse, ma non sono perfettamente amalgamati, per cui talvolta rischiano di stridere l’un con l’altro. 
Mi sono sembrate efficaci le scene di battaglie, e la suspense terrorizzante di certe incursioni mostruose, come l’attacco notturno di un gruppo di Lupi Mannari ad un paio di villaggi isolati. In conclusione, il romanzo è piacevole da leggere “a pezzi”; un’ulteriore revisione, volta a sfrondare ripetizioni o prolissità, l’avrebbe reso più omogeneo ed esaltante.

Voto:



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2 commenti:

  1. Chiuso e messo via al quarto capitolo.
    Sei stato bravo a riuscire a finirlo!

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  2. Ho perso un pezzo del commento. Riprovo…
    Anch’io ho pensato a “Ken-caciarone-shiro il Guerriero”!
    Complimenti perché sei riuscito a finirlo e tirar fuori una recensione. Io avrei scritto: “Non sono riuscita a leggerlo; se volete un’opinione, compratevelo, leggetevelo e pensateci sopra con la vostra testolina. Se a voi piace, scrivetemi perché e cosa vi ha comunicato.”
    Non ho superato il quarto capitolo. Mi sono fermata lì domandandomi: perché devo leggere qualcosa che non mi dice niente? Non mi “prende”, non mi trasporta nel suo mondo.
    Quando un libro diventa una scocciatura e non un piacere…be’, tenetevelo, ho altro da leggere.

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