lunedì 18 novembre 2013

Masterpiece - Perplessità varie sulla prima puntata del Talent per aspiranti scrittori.


Nel rutilante mondo dei reality, che sono stati girati praticamente in tutti gli ambienti, dalle case dei vari Grandi Fratelli alle cucine infernali, mancava una trasmissione dedicata alla scrittura. Masterpiece, iniziato domenica 17 novembre alle 22.50 su Rai Tre, si propone di colmare tale lacuna. Vista la prima puntata, credo che abbia molto lavoro ancora da fare. 
La cornice è molto patinata: la voce narrante impostata introduce i tre giudici, Andrea De Carlo, Giancarlo De Cataldo e Taiye Selasi, scrittori molto conosciuti e molto diversi tra di loro. Allo stesso modo, introduce i partecipanti, spiegando anche le regole delle gare che li porteranno a essere ridotti al finalista della puntata, che affronterà gli altri dodici delle puntate a venire, per potersi aggiudicare il premio: la pubblicazione del proprio romanzo con Bompiani, in centomila copie. 
Le mie perplessità sono iniziate subito. Innanzitutto, una certa velocità nel presentare gli aspiranti scrittori: essendosi presentati in 5000, posso capire l'impossibilità di mostrare tutte le loro schede biografiche, e la chiosa dei loro manoscritti, senza finire stremati a Pasqua 2014. Tuttavia, mi è sembrato che si desse molto più spazio alla personalità del partecipante, piuttosto che al suo manoscritto, e al suo stile. Prima di comparire davanti ai giudici, l’aspirante viene intervistato dal coach scelto per prepararlo al meglio, Massimo Coppola, autore per MTV, editore e regista. Quello è uno dei pochi momenti in cui si riesce a carpire qualcosa della personalità del partecipante, ma si deve seguire con molta attenzione il dialogo tra i due, talmente scarno e veloce che non si riesce nemmeno ad ascoltare con facilità. 
Una volta davanti ai giudici, l’aspirante legge un pezzo del proprio libro, per farlo ascoltare anche ai lettori nel pubblico. Con difficoltà, riuscivo a farmi un’idea dello stile e di quello che c’era sotto. I giudici, che avevano già letto i manoscritti, ponevano domande, ed esprimevano i loro pareri che, almeno all’inizio, si sono mantenuti blandi. De Carlo e qualche volta anche De Cataldo, riuscivano a giudicare, e al tempo stesso mostrare qualcosa di più del libro, a beneficio del lettore in ascolto, per dargli modo di inquadrare anche le radici letterarie, se presenti, che muovevano il partecipante. Taiye Selasi, probabilmente frenata dalla lingua (pur esprimendosi in un ottimo italiano), era molto più diretta e secca nei suoi interventi, mentre a me sarebbe piaciuto che portasse un po’ di più la sua esperienza di scrittrice straniera dalle molteplici radici. 
La prima scrematura veloce lascia quattro partecipanti a sfidarsi nella semifinale. A coppie, vengono accompagnati dal coach Coppola in due ambienti completamente diversi tra di loro, in cui passare del tempo per aver modo di accumulare esperienze: in questo caso si è trattato di un centro di accoglienza e di un locale da ballo molto famoso a Torino negli anni ’60. Al rientro, le due coppie devono sfidarsi in una prova di scrittura di trenta minuti sul campo mettendo su carta le emozioni provate in quelle situazioni. Probabilmente è stato l’unico momento che mi è davvero piaciuto dell’intera trasmissione, perché potevo farmi un’idea in contemporanea con i giudici.
Ho spento l’apparecchio con un grosso "Mah!" dipinto sulla faccia, forse causato dalle mie aspettative, troppo alte rispetto ad un formato televisivo che ha tempi tecnici da rispettare, e questioni di audience da aumentare, anche se la scelta della seconda serata non favorisce particolarmente queste ultime.  
Penso che seguirò ancora qualche puntata, per capire se c’è un’evoluzione, e che direzione segue: mi sembra troppo presto per capire se si nasconde il nuovo Eco tra gli aspiranti scrittori, e se un programma del genere ha la forza sufficiente per spingere alla scrittura nuova, originale e sentita. Per il momento, mi sembra ancora troppo mite e poco attraente.






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2 commenti:

  1. domanda "generica-esistenziale":
    ma perché ogni aspetto della vita - per essere considerato reale - deve passare attraverso lo schermo?

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    1. Forse perché finiamo per passare troppo tempo davanti allo schermo, per cui lo confondiamo con la vita reale...

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