sabato 26 ottobre 2013

Cinephilia: The Bling Ring. I belli, ricchi e perduti di Sofia Coppola.



Ci sono due motivi per cui avrete sicuramente sentito parlare di questa pellicola:
1) Emma Watson è una dei protagonisti
2) Sceneggiatura e regia sono opera di Sofia Coppola.
Il secondo motivo è quello per cui io ero così ansioso di vederlo, insieme alla luccicante ambientazione californiana che fa tanto Beverly Hills, 90210 e la critica sociale che il trailer sbandierava abbondantemente.
Prima di andare al cinema mi sono letto, però, qualche recensione e le mie aspettative sono state notevolmente abbassate dalla pioggia di critiche distruttive che definiva questo film noioso, superficiale e assolutamente evitabile.
Non credo di essere d’accordo, almeno non totalmente, anche se devo ammettere che dal momento in cui sono uscito dalla sala fino ad ora i miei dubbi riguardo quest’ultimo lavoro della Coppola sono leggermente aumentati.   
The Bling Ring è la storia di cinque ragazzi di Los Angeles a cui non manca fondamentalmente nulla: bellezza, popolarità, bei vestiti, belle gambe, belle macchine, belle case, tante feste. Anche Mark, ultimo arrivato della comitiva, per quanto inizialmente sia solo lo sfigato appena trasferitosi in una nuova scuola, non fa molta fatica ad ambientarsi ed entrare a far parte della comitiva. Il punto cruciale della vicenda arriva quando questi cinque ragazzi sono colti da un insano vizio: entrare nelle case delle star hollywoodiane e appropriarsi di beni come vestiti, orologi, scarpe, borse… oh, e anche un quadro. La più colpita durante l’intera vicenda risulta la ricca ereditiera Paris Hilton, ma la banda non si fa scrupolo di saccheggiare anche le ville di altri volti noti come Megan Fox, Orlando Bloom e Linsday Lohan.  Va detto, inoltre, che l’intera vicenda è ispirata ad una storia vera di cui la regista newyorkese ha sentito parlare per la prima volta su un articolo di Vanity Fair, “The Suspesct Wore Loubutins”.
La prima sequenza mi ha subito colpito perché non ho potuto fare a meno di ricollegarla a certe ormai celebri scene di Marie Antoniette, film grazie al quale ho conosciuto la Coppola, che in quel caso riuscì a mescolare gli eventi storici ad una visione della Corte francese molto Pop, grazie anche ad una soundtrack costituita da brani rock, pop e punk degli anni ottanta e dei giorni nostri (I want candy vi dice qualcosa?). The Bling Ring, invece, esordisce con un silenzio tombale e una telecamera alle spalle dei protagonisti intenti in una della loro “incursioni notturne”, conferendo al tutto l’adeguata dose di tensione che ci si aspetterebbe, per poi esplodere in una colonna sonora noise pop (Crown on the ground – Sleigh Bells) sparata a volume altissimo e perfettamente amalgamata ad uno scintillante tripudio di colori, borse, vestiti e gioielli.
Dopo di ciò il film fa un salto indietro nel tempo per raccontare la nascita di questa perversione giovanile, alternando un susseguirsi degli eventi fluido e quasi documentaristico, a brevi scene di interviste fatte ai protagonisti in seguito alla loro cattura. Emerge subito la critica alla borghesia americana, con le sue villette a schiera, i giardini curati e la perbenista quanto disfunzionale famiglia raccolta intorno ad un tavolo per la cena. La fotografia, passata la scena della rapina, appare spesso tendente ad un bianco quasi surreale, come se si volesse rendere visiva la patina dorata che avvolge la vita di questi ragazzi americani, la loro eleganza e prestanza fisica vengono ampiamente sfoggiate in scene che sembrano essere uscite da una puntata di Gossip Girl ma che sono in agghiacciante contrasto con il vuoto interiore dei personaggi.
A questo proposito, proprio la mancanza di spessore psicologico è stata uno degli aspetti più criticati della pellicola. Mi sembra ovvio che si tratti di una scelta fatta apposta er rendere tangibile il vuoto interiore e la superficialità dei personaggi, è una scelta che può piacere o non piacere, ma è evidente quanto riesca a lasciare perplesso lo spettatore dinanzi a queste macchiette prive di valori. Mi è piaciuto anche il discreto soffermarsi della Coppola su una moda giovanile particolarmente in voga di questi tempi: scattare foto sempre uguali da postare immediatamente su Facebook. Un’abitudine che sta pian piano entrando nel quotidiano di tutti noi, ma che, visto da una diversa prospettiva, appare come un  tic, un modo per sentirsi al centro dell’attenzione, per dimostrare, più a noi stessi che agli altri, che contiamo qualcosa. Sempre a questo proposito, ho apprezzato molto l’idea di inserire tra una scena e l’altra gli aggiornamenti delle pagine Facebook dei protagonisti, un buon modo per rendere l’idea di quell’istinto maniacale di condividere tutto con tutti.
Un discorso a parte merita, a mio parere, il personaggio di Mark, che è l’unico a giustificare le rapine con una motivazione più profonda. Se le sue amiche, infatti, lo fanno solo per acquistare attenzione e notorietà, per Mark, giovane ragazzo gay non dichiarato, è una sorta di riscatto, un modo per sentirsi, come dice egli stesso, bello, accettato.
Come ho già accennato, The Bling Ring ha un approccio molto documentaristico e distaccato rispetto alle vicende narrate, la critica c’è ed emerge da alcune battute dei personaggi (ad esempio lo stesso Mark dice alla giornalista “Io trovo strano che tante persone mi adorino per un gesto disprezzato dalla società, ma questo dimostra che l'America ha un fascino perverso per 'Bonny & Clide' e storie così”) ma non è mai troppo sottolineata. E questo costituisce uno dei miei principali dubbi sul film: non sarà che con tutto il glamour di cui è infarcito, The Bling Ring rischi di perdere il suo valore di denuncia sociale? I ragazzini che vanno a vedere il film, coglieranno la critica alla crisi di valori oppure finiranno per idolatrare il coraggio di questi cinque ragazzi americani? Pessimisticamente, opto più per quest’ultima possibilità, specialmente dopo aver visto, all’uscita dalla sala, un gruppetto di ragazze che camminava imitando i protagonisti del film e facendo battutine della serie “Derubiamo questo negozio?”.
O magari sono io che ho poco senso dell’umorismo.
Un altro elemento che mi ha fatto storcere il naso è, invece, sul piano della regia. Talvolta mi è sembrato che si cercasse di accentuare il tono autoriale della pellicola con scene e movimenti di camera che non hanno alcun senso,  se non quello di allungare la durata del film di qualche minuto.
Inizialmente anche il modo in cui avvengono le rapine mi ha lasciato perplesso: possibile che i VIP più celebri di Los Angeles non spendessero un po’ del loro denaro per un sistema antifurto? A quanto pare sì, ed è stato la stessa Coppola a confermarlo dicendo che “ in generale chi vive a Los Angeles si sente sicuro e protetto dal quartiere in cui vive, non avere sistemi di allarme fa parte di un atteggiamento rilassato e cool che, per esempio, a New York non esiste”. Assurdo ma vero. 
Più ci si avvicina alla fine, più i comportamenti dei ragazzi si fanno agghiaccianti, specialmente nel momento dell’arresto. Fino alla fine sembra non esserci alcun pentimento, ciò che conta è far parlare di sé, continuare a fomentare la polemica così da essere sotto i riflettori ancora per un po’. Alla fine della fiera si ha l’impressione che, sotto sotto, loro volessero essere scoperti. La galera non è una macchia sulla fedina penale, bensì il coronamento di quel sogno che i ragazzi portano avanti per tutta la durata del film: vivere la vita dei loro idoli di riferimento – non a caso Linsday Lohan e Paris Hilton sono le più nominate -  in un vortice di soldi, party, cocaina, azioni dissolute, paparazzi, interviste e look esclusivi. 

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4 commenti:

  1. Non mi è piaciuto per niente. Lo ritengo sopravvalutatissimo!

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    1. Io invece l'ho trovato un esperimento niente male. Poi, sì, i difetti ci sono e li ho anche elencati, però, tutto sommato, l'ho trovato davvero carino.

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  2. Sofia Coppola ha avuto il merito di non scadere nel moralismo più scontato e banale, mantenendo un occhio neutrale mai colpevolizzante.

    A parer mio è stata tralasciata la dicotomia che intercorre tra la figura di Parih Hilton e l'immagine che dà di sè. Chi è quella scema che lascia le chiavi sotto lo zerbino di casa?

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    1. Sì, anche io ho apprezzato lo sguardo distaccato della Coppola perchè lascia allo spettatore il gusto di riflettere e cercare la causa dell'atteggiamento di questi ragazzi.
      A quanto pare Paris Hilton, dopo l'accaduto, non lascia più le chiavi sotto lo zerbino! :D

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