La letteratura d'oltreoceano è innegabilmente un terreno molto fertile per la nascita di nuove e talentuose penne, specialmente se si parla di letteratura americana. In particolare per quest'ultimo caso non si tratta solo di esordi alla “mordi e fuggi”, ma di
autori che riescono ad affermarsi e divenire nomi riconosciuti dai lettori e
dalla critica, basti vedere casi come quello di Jonathan Franzen, Jennifer
Egan, Elizabeth Strout, Richard Cunningham, Aimee Bender o, tra gli ultimi
arrivati, J. R. Moheringer.
Ogni anno l’editoria mondiale sforna un numero impressionante di pubblicazioni, ma spesso ci si ricorda
fin troppo delle mode virali e passeggere e si finisce per dare meno rilevanza
a chi merita davvero. Per questo motivo voglio offrirvi una breve panoramica su
alcuni degli ultimi romanzi più interessanti d’oltreoceano: ovviamente spero
che gli editori italiani li traducano tutti il prima possibile. Per la mia
ricerca mi sono affidato alle recensioni del New York Times e di qualche altro
giornale autorevole, nonché ai principali premi letterari e alle loro nomine.
Personalmente, ho preferito concentrarmi più sulle opere di autori meno conosciuti nel
Vecchio Continente, anche se il 2013 ha portato in libreria anche alcune grandi
conferme come gli ultimi romanzi di Dave Eggers, Joyce Carol Oates e Thomas Pynchon.
Uno dei titoli più accattivanti di tutti è sicuramente The Luminaries
di Eleanor Catton, che grazie a questo suo secondo romanzo è divenuta la più giovane vincitrice del Man Booker
Prize. Si tratta sicuramente di un libro complesso e non solo per la mole
di ottocento pagine e passa, ma specialmente per i misteri, gli intrighi, i fraintendimenti, le cospirazioni e la miriade di personaggi minuziosamente
caratterizzati che ruotano ad una storia d’amore ambientata in Nuova Zelanda
intorno al 1866. La lettura di questo libro non sembra affatto una sfida per
chiunque, ma a quanto pare le incredibili doti narrative dell’autrice neozelandese valgono
assolutamente almeno una prova. Arriverà
in Italia nel 2014 per Fandango.
Vincitore del National Book Award è invece The Good Lord Bird di James McBride. Questa
volta siamo nel Kansas e seguiamo le vicende di uno schiavo liberato che si
intrecciano a quelle dell’abolizionista John Brown. James McBride sembra
rievocare perfettamente la Storia con una scrittura fresca e magistrale,
personaggi indimenticabili e, secondo il New York Times, evoca gioia pura ad ogni
pagina come un moderno Mark Twain. In Italia di James McBride è arrivato per
Rizzoli sia Miracolo A Sant’Anna e Il colore dell’acqua ma nessuno dei due
ha ricevuto il successo ottenuto in patria e sono tutt’ora di difficile
reperibilità. Speriamo in meglio per questa sua ultima fatica.
Altro grande romanzo
americano dell’ultimo anno di cui è
impossibile non parlare è il ritorno di Donna
Tartt, autrice già conosciuta in Italia specialmente per quello che sembra
essere il suo primo capolavoro, Dio di
Illusioni. La sua ultima fatica si intitola The Goldfinch, lodata
dallo stesso Stephen King come “una rarità che arriva una mezza dozzina di
volte per decennio, un romanzo scritto elegantemente che si connette con il cuore
e con la mente”. The Goldfinch, inserito dalla redazione del The New York Times tra i dieci migliori
romanzi dell’anno, è la storia di un ragazzo newyorkese che al giorno d’oggi
si definirebbe “complicato”, Theo Decker, e del modo in cui la sua vita cambia quando
si imbatte in un quadro che lo segnerà profondamente. Esce in Italia in primavera per Rizzoli con il titolo Il cardellino.
Se siete su Goodreads sarete
sicuramente inciampati almeno una volta in Life after Life di Kate Atkinson, anche
questo inserito tra i dieci migliori libri del 2013 secondo il NYT. Si
parla di vita dopo la morte, letteralmente: nata nel 1920, la protagonista,
Ursula Todd, continua a morire e a tornare in vita in una delle varie direzioni
che la sua vita avrebbe potuto prendere, il tutto durante le disastrose vicende
del secolo breve, il capitolo più mostruoso della storia umana. Riuscirà Ursula
a salvare il mondo dal suo inevitabile destino? O meglio, sceglierà di farlo oppure no? E
soprattutto, come si fa a resistere ad una trama del genere? I diritti di questo romanzo sono stati acquistati da un editore italiano e immagino si tratti di Einaudi, che ha pubblicato le opere precedenti di questa autrice inglese.

Tell the wolwes I’m home è l’unico titolo fino ad ora che non può
vantare alcun premio di particolare importanza né una menzione del NYT. Poco
male, perché questo romanzo di Carol Rifka Brunt ha comunque vinto l'Alex Award, premio che viene dato ai romanzi per adulti che riescono a cogliere le sensibilità YA (mi sembra un premio un po' assurdo, non trovate?) ed è stato nominato tra i migliori
romanzi dell’anno da testate valide come il The Wall Street Journal, O:
The Oprah Magazine e il Kirkus
Reviews. Si tratta di un romanzo di amore, malattia e speranza, capace di trattare degnamente due
tematiche a me molto care, l’AIDS e l’omosessualità, incastonate in una storia
ambientata nell’America perbenista degli anni ’80, quando parlare di argomenti
come questi era ancora considerato un tabù. La protagonista, la quattordicenne
June Elbus, è sempre stata convinta di essere il centro del mondo di suo zio
Finn, almeno fino alla sua morte. June si ritroverà, però, a fare i conti con
il più grande segreto di suo zio, il vecchio amore per l’uomo che è stato anche
la causa della malattia che lo ha ucciso e di cui nessuno sembra voler parlare. Fortunatamente la Piemme ne ha già acquistato i diritti e lo pubblicherà a Gennaio con il titolo Promettimi che ci sarai. Speriamo non passi inosservato.

Come sapete, il 2013 è
stato anche l’anno in cui mi sono avvicinato al genere del racconto e ho scoperto
di adorarlo. A Guide to be born di Ramona Ausubel è stata una delle raccolte
più accreditate di quest’anno tanto da essere inserita tra i libri più degni di nota del 2013 dal NYT. Ciò che
ritengo davvero interessante è che si tratta di short stories organizzate attraverso gli stadi della vita: amore,
concepimento, gestazione, nascita. Basta leggere la quarta di copertina per
capire che si tratta di racconto piuttosto bizzarri, non a caso la Ausubel è
stata paragonata ad altre autrici come Aimee Bender e Karen Russel. Insomma, se
non si fosse capito, mi incuriosisce parecchio. Un romanzo di questa autrice, Il sole ci verrà a cercare, è già stato
portato giusto quest’anno in Italia da Garzanti, quindi non ci resta che
sperare.
Un’altra cosa che ho
scoperto di amare durante quest’ultimo anno da lettore sono le saghe
famigliari, forse perché io stesso
faccio parte di una famiglia vastissima e di conseguenza sono attratto dallo
studiare le dinamiche di certi rapporti. In ogni caso mi piacciono le saghe famigliari, se sono
americane ancora meglio. Ecco perché ho adocchiato tempo fa The end of the point di Elizabeth Graver, scrittrice ancora mai arrivata in
Italia. Anche in questo caso siamo nel periodo della seconda Guerra Mondiale,
più precisamente nella seconda metà del Novecento, e seguiremo le vicende di
tre generazioni della famiglia Porter e del lento disfacimento del loro angolo
di sogno americano, quando la spiaggia paradisiaca sulla quale hanno abitato
per generazioni vede l’arrivo delle armate statunitensi che nel corso di una
stagione cambieranno per sempre il destino dei Porter. Mi incuriosisce assai e poi anche lui ha il
suo bel posto caldo nella classifica dei romanzi più interessanti del NYT.
Potrei continuare con
questa carrellata ancora per molto ma dopo questo titolo giuro che smetto altrimenti
ne esce fuori un post esagerato. Questa volta si tratta di un’autrice che ha vinto il National Book Award con un suo
precedente romanzo, Dopo tutto questo (edito
Einaudi), e che è tornata sugli scaffali con questo Someone, libro dalla premessa molto simile a quella che mi fece acquistare Stoner di John Williams, ovvero la vita ordinaria di una donna ordinaria, che noi incontriamo per
la prima volta mentre, da bambina, attende il padre che torna da lavoro. In più
questo libro ha lo scopo di dimostrarci che siamo tutti sciocchi in un modo o
nell’altro e solo per questo meriterebbe di essere letto. E poi ha una bella copertina. Ah, ed è uno dei libri più degni di nota
secondo il NYC, ma mi sembrava scontato dirlo.