La notizia ha già fatto il giro del web ma nel caso aveste passato le ultime ore sotto un sasso, sappiate che Donna Tartt si è aggiudicata l'ambito Pulitzer Prize per la categoria "Fiction" grazie al suo ultimo romanzo, The Goldfinch, da poco uscito in Italia per Rizzoli con il titolo de Il cardellino, un mattone di oltre 800 pagine. Vi avevamo già parlato brevemente di questo romanzo qui, inserendolo tra le uscite d'oltreoceano più interessanti dello scorso anno. La vincita di The Goldfinch era, difatti, quasi scontata visto l'enorme successo di critica e pubblico che si porta dietro sin dalla sua uscita (Ottobre 2013), accaparrandosi anche una posto tra i dieci migliori romanzi dell'anno secondo il New York Times. Si tratta sicuramente di un grande traguardo per la scrittrice americana, già da tempo conosciuta e lodata in tutto il mondo grazie a The Secret History (tradotto in Italia come Dio di illusioni), ma che con quest'ultima pubblicazione sembra aver partorito il suo masterpiece, una sorta di romanzo-fiume descritto dalla giuria del Pulitzer come "un romanzo di formazione magnificamente scritto che segue la storia di un ragazzo sofferente e del suo rapporto con un famoso quadro di piccole dimensioni fuggito dalla distruzione, un libro che stimola la mente e tocca il cuore." (clicca qui per il testo originale). A condire il tutto vi è un setting newyorkese magistrale nel rendere l'idea della magnificenza della Grande Mela e, allo stesso tempo, impeccabile nel descrivere le ferite ancora aperte in seguito al disastro dell'11 Settembre.
Figlio di una madre devota e di un padre inaffidabile, Theo Decker sopravvive, appena tredicenne, all’attentato terroristico che in un istante manda in pezzi la sua vita. Solo a New York, senza parenti né un posto dove stare, viene accolto dalla ricca famiglia di un suo compagno di scuola. A disagio nella sua nuova casa di Park Avenue, isolato dagli amici e tormentato dall’acuta nostalgia nei confronti della madre, Theo si aggrappa alla cosa che più di ogni altra ha il potere di fargliela sentire vicina: un piccolo quadro dal fascino singolare che, a distanza di anni, lo porterà ad addentrarsi negli ambienti pericolosi della criminalità internazionale.
Nel frattempo, Theo cresce, diventa un uomo, si innamora e impara a scivolare con disinvoltura dai salotti più chic della città al polveroso labirinto del negozio di antichità in cui lavora. Finché, preda di una pulsione autodistruttiva impossibile da controllare, si troverà coinvolto in una rischiosa partita dove la posta in gioco è il suo talismano, il piccolo quadro raffigurante un cardellino che forse rappresenta l’innocenza perduta e la bellezza che, sola, può salvare il mondo. Tra le luci dell’Upper East Side di New York e la desolazione della periferia di Las Vegas, tra capolavori rubati e fughe vertiginose lungo i canali di Amsterdam, Il cardellino è un romanzo meravigliosamente scritto che si legge come un thriller. Primo assoluto nelle classifiche di Stati Uniti, Francia e Olanda, osannato dalla critica in patria come all’estero, è l’evento letterario dell’anno.
Tra i finalisti, invece, troviamo Philipp Meyer, già autore di American Rust (Ruggine Americana nell'edizione italiana), con il suo The Son, punta di diamante delle pubblicazioni Einaudi degli ultimi mesi, tradotto letteralmente come Il figlio. Volume anche questo piuttosto corposo (600 pagine nell'edizione italiana), lo avevamo già presentato qui. Le parole della giuria del Pulitzer lo esaltano come "un romanzo multigenerazionale che fa luce sulla violenza e l'intraprendenza del West americano tracciando il percorso di una famiglia dai pericoli letali della frontiera all'immensa ricchezza del boom petrolifero".
Dalle grandi praterie annerite da immense mandrie di bisonti, agli smisurati ranch di proprietà di un pugno di allevatori che regnavano come monarchi assoluti su schiere di vaqueros, al paesaggio arido e desolato punteggiato dalle torri dei campi petroliferi, la storia del Texasoccidentale è la storia di un susseguirsi di massacri, la storia di una terra strappata di mano piú e piú volte nel corso delle generazioni. E inevitabilmente anche la storia dei McCullough, pionieri, allevatori e poi petrolieri, è una storia di massacri e rapine, a partire dal patriarca Eli, rapito dai Comanche in tenera età e tornato a vivere fra i bianchi alle soglie dell’età adulta, per diventare infine, sulla pelle dei messicani e grazie ai traffici illeciti fioriti nel caos della Guerra Civile, un ricchissimo patrón. Ma se Eli McCullough, pur sognando la wilderness perduta, non esita ad adattarsi ai tempi nuovi calpestando tutto ciò che ostacola la sua ascesa, suo figlio Peter sogna invece un futuro diverso, che non sia quello del petrolio che insozza la terra e spazza via i vecchi stili di vita, e non può che schierarsi con trepida passione dalla parte delle vittime. La storia, però, la fanno i vincitori, ed ecco allora Jeanne, la pronipote di Eli, magnate dell’industria petrolifera in un mondo ormai irriconoscibile, in cui di bisonti e indiani non c'è piú neanche l’ombra, e i messicani sono stati respinti al di là del Rio Grande. Toccherà a lei affrontare, nel modo piú letterale possibile, un tragico e inesorabile ritorno del rimosso.
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