Titolo: La rivincita di Capablanca
Autore: Fabio Stassi
Prezzo: 11,50 €
Pagine: 203, brossura
Editore: Minimum Fax
Trama: Fabio
Stassi racconta la storia di José Raùl Capablanca, che fu bambino prodigio e
conquistò il titolo di campione del mondo di scacchi nel 1921. Amato dalle
donne e rispettato dagli avversari, almeno fino a quando non fu scaraventato
giù dal trono troppo presto per mano di un suo ex amico, Aleksandr Aljechin, il
miglior giocatore di Russia: uno disposto a tutto per gli scacchi, fuggito
dalla rivoluzione d'ottobre e approdato in seguito alla corte dei gerarchi
nazisti. La storia di Capablanca è la storia del loro duello. L'offesa di una
seconda occasione sempre rinviata, come spesso è la vita
L'autore: Fabio
Stassi (1962), di origini siciliane, vive a Viterbo e lavora a Roma in una
biblioteca universitaria. Scrive sui treni. Nel 2006 ha pubblicato il
romanzo Fumisteria (GBM, premio Vittorini Opera Prima 2007).
Per minimum fax: È finito il nostro carnevale (2007), La
rivincita di Capablanca (2008) e Holden, Lolita, Živago e gli
altri (2010). Un suo racconto è stato inserito nella
raccolta Articolo I. Racconti sul lavoro (Sellerio, 2009). Nel
2012 è uscito per Sellerio L’ultimo ballo di Charlot (Premio
Cielo d'Alcamo 2012).
Recensione
Il talento è un
dono fragile, e si perde anche.
José
Raúl Capablanca è stato uno scacchista cubano, detentore del titolo di
campione del mondo dal 1921 al 1927, prima che un suo vecchio amico, Aleksandr
Aljechin , gli strappasse il titolo senza più concedergli la possibilità di
affrontarlo in una partita per riconquistarlo.
Stassi
raccoglie l’eredità spirituale del lavoro di Gesualdo Bufalino, morto in un
incidente stradale prima di poter concludere il suo romanzo sulla vita di
Capablanca: il giovane autore, prendendo spunto dallo scacchista e da molti
avvenimenti della sua vita, non crea necessariamente una storia diretta gli
amanti del mondo degli scacchi, ma riesce a mettere in piedi su un piccolo
palcoscenico una storia universale, che ha come protagonista un personaggio affascinante,
complesso e tormentato, che ha vissuto un’esistenza così intensa che viene
naturale paragonarla ad una feroce partita su quelle caselle bianche e nere che
furono il suo piacere e il suo tormento.
Perché gli scacchi
non sono semplicemente un gioco.
Sono guerra,
teatro e morte. Cioè, tutt’intera, la vita.
Gesualdo Bufalino
Stassi
fonde il vero Capablanca con quello nato dalla sua penna, rendendo difficile capire
dove finisce la realtà ed inizia la finzione: il romanzo è un lungo viaggio
nella memoria, con Capablanca che ripercorre gli eventi cruciali della sua vita
mentre è impegnato in una partita a scacchi contro un americano.
Un
viaggio della memoria che ci riporta ad un José Raúl bambino,
un prodigio degli scacchi impossibile da allontanare dalla scacchiera: non c’è
punizione o rimprovero materno che impedisca a questo genio in miniatura, che
non posso fare a meno di immaginare come un ragazzino taciturno e perennemente
in disparte, di scappare al circolo degli scacchi.
La
narrazione lo vede poi adulto, come un giovane studente a New York, dove solo
la fama che circonda il suo nome precede la meraviglia che uomini e donne,
scacchisti e non, provano quando vedono quest’uomo, che ancora una volta non
posso fare a meno di immaginare come un gentiluomo piacente, distinto ed elegante,
dall’aria intelligente che ama discutere di politica.
Forse
il vero Capablanca non era così: forse la gente non ammutoliva davvero quando
entrava in una stanza. Forse non era così elegante come la mia fantasia se lo
immagina. Ma rimane il fatto che Stassi ha una penna abbastanza potente da
prendere la realtà, trasformarla in finzione, e fartela passare di nuovo per
realtà.
Quello
di Capablanca è un sano impegno nel gioco, che però appare spesso molto più
simile ad un’ossessione vera e propria; una intelligenza sfrenata che ama
mettersi alla prova nell’elaborare strategie, nel ricercare l’eleganza nelle
mosse di quei pezzi così immutabili nei loro movimenti, ma capaci di creare i
più vari campi di battaglia.
Ma
la sua passione ha anche dei lati oscuri, come quelli guidati dall’indomabile
desiderio del cubano di primeggiare, quasi spinto da una forma di deferenza nei
confronti del suo stesso talento, di quel dono che ha scoperto per caso di
avere da bambino, quando imparò l’arte degli scacchi in soli tre giorni
guardando il padre: anche i suoi anni d’oro sono venati dal terrore che la sua
bravura non venga debitamente riconosciuta o che rimanga sottovalutata non
venendo messa adeguatamente alla prova. Per questo motivo agognerà per sempre
lo scontro con Aljechin e per lo stesso motivo si tormenterà per non aver
raggiunto il suo obiettivo.
Capablanca
mette in fila nella sua mente tutte le grandi partite, le grandi sfide
personali e professionali, le storie d’amore, gli incontri e gli scontri con la
famiglia, e tutto ciò avviene mentre la partita con l’americano è ancora in
corso: un racconto allo stesso tempo ricco e privo di dialoghi, con le parole
pronunciate dai personaggi che si intervallano direttamente alla narrazione,
senza essere annunciati da nessuna virgoletta, ma che arrivano al lettore come
probabilmente farebbero i discorsi del nostro passato, se fossimo noi a
raccontarci la nostra vita.
Un
racconto spesso rapido, ma a tratti più lento e riflessivo, come se Capablanca
prendesse un attimo di respiro dal gioco ma soprattutto dalla propria vita.
Non c’è esperienza
più incomprensibile che l’odio irragionevole di un altro uomo.
Un
libro che in poche pagine plasma la figura di un uomo che sembra decisamente
frutto di una sfrenata fantasia, piuttosto che il riflesso, seppur romanzato,
di una persona reale.
Un
romanzo lirico, intenso, profondo, potente che apre spiragli sui sentimenti di
un grande personaggio che, all’ombra dei grandi avvenimenti storici del suo
tempo, costruiva e lottava la sua battaglia personale contro se stesso e contro
il suo nemico giurato, ma amico di un tempo.
Anche
se non masticate molto termini come arrocchi e scacchi al re, La
rivincita di Capablanca rimane lo stesso un romanzo molto consigliato, che
riesce a toccare temi universali come la sconfitta e la rivincita, le passioni
e le ossessioni, gli amori, l’odio e i sogni di tutti…
Cosa sogna un
pedone?, gli aveva chiesto il russo, e allora era parsa a entrambi una
questione divertente. Adesso, a tanti anni di distanza, la faccenda gli suonava
più misteriosa, e ostile. E per poco, in questa camera arredata con umiltà,
ebbe l’impressione di aver capito. Cambiare natura. Raggiungere l’ottava
traversa. Non rassegnarsi all’infelicità del proprio stato. La chiave di tutto
era nell’ansia di una metamorfosi, nel sogno
dei pedoni di diventare regine.
…
persino quelli di un pedone.
Voto:
Ammetto che a prima vista il titolo non mi ispirava moltissimo. Ma adesso è stato appena aggiunto alla wishlist (ovviamente!).
RispondiEliminaSe ti interessa, Stassi ha scritto anche "L'ultimo ballo di Charlot", molto apprezzato dalla critica e tra i favoriti del Premio Campiello 2013. La trama è assai intrigante e ha come protagonista Charlie Chaplin: io l'ho messo in wishlist da secoli e spero che qualcuno me lo regali per Natale.
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